sabato 9 giugno 2012

Arbeitsmarktreform

Martedi 5 giugno vengo invitato dalla mia amica Christina a partecipare ad una riunione di un gruppo locale del SPD, il Partito Socialdemocratico tedesco, presso la città di Bielefeld. I simpatici membri della circoscrizione di Gellershagen-Sudbrack mi accolgono in una  "Kneipe" (birreria - ristorante) italiana e, con mio grande piacere, contribuiscono persino a rimborsarmi le spese di viaggio. Il tema dell'incontro è la crisi economico-finanziaria in Europa, con un focus speciale su Italia e Grecia. Per l'occasione preparo una presentazione con delle slide al fine di illustrare la situazione attuale in Italia: enorme debito pubblico, disoccupazione elevata, sud in affanno, recessione, strategia del governo Monti, lotta all'evasione fiscale. Nel presentare le slides, tocco un tasto delicato, ossia le riforme del mercato del lavoro. A dir la verità, cerco intenzionalmente di provocare i presenti, avanzando la teoria secondo la quale il tasso di disoccupazione tedesco durante gli ultimi 5 ann è diminuito grazie alle riforme introdotte dal governo Schreoder . Traggo questa interpretazione  da un recente articolo pubblicato dallo "Spiegel", uno dei settimanali più letti in Germania: le riforme avrebbero creato maggiore occupazione grazie all'introduzione di contratti a tempo determinato, maggiore flessibilità e riduzione degli oneri fiscali; misure speciali avrebbero inoltre stimolato i disoccupati ad accettare posti di lavoro "indesiderati", pena il taglio del sussidio di disoccupazione (secondo il motto "foerdern und fordern", ossia "promuovere ed esigere").  Noto tra i miei ascoltatori un certo disagio, espresso da mormorii dubbiosi, fino a quando un membro del gruppo non prende la parola e mi illustra il suo punto di vista, che pare essere condiviso da tutto il gruppo. La disoccupazione in Germania sarebbe diminuita piuttosto per via di particolari tendenze demografiche, visto che una larga percentuale della forza lavoro tedesca sarebbe dovuta andare in pensione proprio prima del 2010. Ergo, l'occupazione sarebbe cresciuta in ogni caso, con o senza riforme. Pongo due domande: la prima è se le riforme del lavoro erano veramente necessarie; la seconda, un po' maliziosa, si riferisce al "colore politico" della riforma stessa. Siamo in un gruppo locale del SPD, questi cambiamenti sono stati introdotti dall'ultimo governo federale di centro-sinistra, eppure tutti sembrano estremamente critici ed insoddisfatti! La discussione si anima. La presidente del gruppo, la loquace Sylvia, mi spiega che la riforma non era necessaria, ma il governo Schroeder ha potuto e ha voluto realizzarla perchè in buoni rapporti con i sindacati (che generalmente, in gran parte dei paesi europei, tendono a sedersi al tavolo delle trattative con maggiore disponibilità se il governo è di centro-sinistra). Per quanto riguarda la seconda domanda, la criticità è data dal fatto che le nuove riforme hanno intaccato la stabilità di quella che viene definita da Sylvia "la colonna del Paese", ossia la classe media. Precarietà ed eccessiva flessibilità (ad esempio, i famosi mini-job da 400 euro al mese senza previdenza sociale) avrebbero causato un degradamento dei lavoratori. Sembra un paradosso: da una parte ci sono più occupati, ma la ricchezza media è diminuita. Tra un boccale di "Alt" (birra scura della zona) e di birra di grano la discussione continua, ma dopo 3 ore abbondanti anche la logorroica Helga (che poi scopro essere stata parlamentare regionale) deve sventolare bandiera bianca. Una piacevole serata, dove non si è parlato poi così tanto di Italia, ma ho imparato molto sulla Germania. Il suggerimento finale degli amici tedeschi: non è consigliabile "copiare" le riforme dagli altri paesi, molto meglio crearsi un proprio stile per risolvere i problemi.

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