Sono passati 100 giorni
dall'inizio della mia esperienza lavorativa in Germania ed è giunto
il momento di trattare un argomento piuttosto spinoso che finora ho
sempre tenuto chiuso nel cassetto, con l'intento di tirarlo fuori a
tempo debito per analizzarne gli aspetti con calma e precisione.
Navigando su internet non sarà difficile trovare blog e forum di
italiani all'estero, e tra questi sono molti quelli che raccontano le
avventure di chi ha scelto di vivere un periodo di studio o di lavoro
in terra tedesca. I resoconti sono spesso accompagnati da commenti, a
volte schietti ma divertenti, sullo stile di vita e sulle abitudini
dei tedeschi. Questi, agli occhi degli italiani, apparirebbero
essenzialmente come ineleganti, eccessivamente pratici, rigidi,
disciplinati, privi di senso dell'umorismo, trasandati, poco
affettuosi e indifferenti nei confronti della buona tavola.
Nel mio blog, come potete
notare scorrendo tra gli articoli, ho sempre evitato di valutare in
questi termini il comportamento e le attitudini delle persone
tedesche, benchè io stesso abbia notato a volte degli aspetti che
tenderebbero ad avvalorare i giudizi sopra citati.
Qui
di seguito cercherò di spiegare alcune differenze culturali tra la
società tedesca e quella italiana, cercando di evitare giudizi
personali ma basandomi su osservazioni il meno soggettive possibili
(in quanto ritengo che la pura oggettività non esista). Prima di affrontare il
problema è però necessario anteporre alcune premesse:
Prima premessa - Non si trovano ricerche scientifiche che provino le differenze culturali, eppure i blog
sottolineano proprio questo! Viviamo in piena era del politcally
correct, e qualsiasi accenno a presunte differenze viene interpretato
come un insulto alla "nazione" o un'offesa “etnica” o “razziale”. Nonostante questo le differenze
esistono eccome. Come spiegarle? Quale approccio utilizzare?
Seconda premessa - La
psicologia sociale ci spiega che quando esprimiamo un giudizio lo
facciamo di solito utilizzando dei meccanismi di “economia
cognitiva”: vediamo e generalizziamo quello che ci impressiona
maggiormente e a causa di dinamiche di “risparmio” di energie e risorse
mentali non andiamo a fondo nei nostri ragionamenti. Per esprimere
un giudizio più ponderato ci vorrebbe calma, tempo, predisposizione
all'imparzialità e spirito costantemente oggettivo, insomma, occorre
essere dei robot! E siccome noi non lo siamo e spesso siamo
indaffarati e persi nei nostri problemi, tendiamo a commettere degli
errori di generalizzazione. Tutto ciò è umano.
Terza premessa - Geneticamente noi
esseri umani non siamo molto diversi, anche se ci sono delle
differenze che per noi “terrestri” sembrano eclatanti (ad
esempio: sesso, altezza, colore della pelle...); tali differenze
sarebbero tuttavia irrilevanti agli occhi di un “alieno”, che ci
percepirebbe tutti uguali, muniti di una testa, due gambe e due
braccia. Il nostro hardware è infatti pressochè identico in
tutto il globo, ciò che cambia è il sistema operativo, ossia i vari
software culturali che vengono installati durante la crescita delle persone, e questi dipendono dal luogo e dalla cultura
di appartenenza. A loro volta i vari software tendono a modificare, seppur
in maniera non decisiva e solo nel lungo termine, l'hardware, ossia
il patrimonio genetico (esempio: in un paese di sedentari e fruitori
di prodotti McDonald, diabete e obesità tenderanno a “trasferirisi”
nel dna di quella popolazione...che paese vi balena in testa?)
Quarta premessa - L'affermazione secondo la quale le differenze culturali non esistono
è essa stessa una generalizzazione al pari delle affermazioni “i
tedeschi sono rigidi”, “gli italiani sono indisciplinati”. Come ricordato nella prima premessa, le
differenze di comportamento esistono eccome, negarle significa negare
il valore delle discipline sociali che ne fanno oggetto del loro
studio.
E ora, dopo queste quattro premesse,
cerchiamo di affrontare l'argomento in questione.
Lavorare in una scuola elementare
all'estero offre una prospettiva privilegiata: si comprendono i comportamenti umani in itinere, under construction, si comprende meglio
il processo di socializzazione e il modo in cui si radicano tendenze ed abitudini. Durante il mio lavoro come educatore e
coordinatore di attività di dopo-scuola in Germania ho notato dei
comportamenti particolari nei bambini e negli insegnanti. Li elenco
qui di seguito:
Socializzazione alla fila: nel
momento in cui viene distribuita la merenda (ghiaccioli, frutta,
verdura ecc), i bambini sono invitati a disposti in fila “verticale”,
senza ammassarsi o prevaricare sugli altri. Questo accade tutti i
giorni. I bambini imparano che questo è un metodo veloce e giusto
(basta avere pazienza un po' di disciplina e tutti ottengono il
“premio”).
Propensione al dialogo e alla
rappresentanza: i bambini vengono sollecitati ad esprimere i
propri bisogni senza timore nei confronti degli adulti e dei
coetanei. Già nelle scuole elementari la Kinderkonferenz è
un luogo dove bambini e adulti dialogano per risolvere problemi,
esprimere bisogni e trovare compromessi. Si tratta di uno stile
educativo che promuove un modo attivo di risolvere le difficoltà e
cerca di evitare passività e subalternità. Ho sempre notato una
differenza sostanziale tra i giovani tedeschi e quelli italiani: noi
coltiviamo, purtroppo, una esagerata tendenza al rispetto istintivo
ed indiscusso nei confronti dell'autorità, sia familiare che
istituzionale. Il risultato di questo atteggiamento è, da una parte,
passività e sottomissione (anche l'autorità e le istituzioni a
volte sbagliano!), dall'altra una reazione violenta e non mediata dal
dialogo nei confronti delle istituzioni stesse (perchè non si sono
mai apprese le modalità pacifiche di risoluzione dei conflitti).
Intraprendenza: se
non capisci qualcosa, chiedi! Questo è un imperativo categorico
nella scuola tedesca di qualsiasi livello. Non accettare mai niente
come oro colato se non si è convinti. Non dimentichiamo che fino a qualche decennio fa, in Germania il nazionalsocialismo era una sorta di
religione, e la mancanza di criticità del popolo tedesco ha permesso
a questa dottrina di proliferare e penetrare indisturbata in qualsiasi ambito.
Herausforderung (sfida): I bambini
tedeschi sembrano più attivi nel gioco “spericolato” rispetto ai
nostri. Nei parchi pubblici e spesso anche nelle scuole troneggiano ovunque “Klettergerüste”, ossia strutture per l'arrampicata, alcune delle quali arrivano a
toccare i 4 metri di altezza. Alle mamme italiane verrebbe un infarto
al solo pensiero che i figli si possano avvicinare a tali mostri. Qua invece
le mamme incoraggiano i fanciulli a mettersi alla prova con questi
giochi, senza apprensioni o paure. Se durante il gioco un bambino si
fa male e piange, generalmente gli adulti non esprimono compatimento
ed intervengono solo se necessario (cure mediche).
Rapporto giovani – bambini: ho
notato che molti giovani tedeschi possiedono delle buone competenze
di relazione con i bambini. In alcuni musei ho assistito a
spiegazioni “a misura di bambino” fornite da ragazze e ragazzi
ben preparati e carismatici. Ugualmente nei centri sportivi. Poiché
la disoccupazione giovanile in Germania non è così elevata, molti
giovani hanno l'opportunità di lavorare nel settore socio-educativo,
entrando così in contatto con scolari delle scuole elementari. I
musei e i centri sportivi che ho visitato con i bambini erano ben
equipaggiati per fornire delle corrispondenti attività di qualità.
Conclusione
Risulta difficile affermare se dalle
attitudini che ho elencato si possano spiegare alcuni tratti del
comportamento del popolo tedesco. Credo che quella dei primi 4 anni
della scuola primaria in Germania sia una prima tappa alla
socializzazione e interiorizzazione delle regole. Un passo importante
reputo sia il resto del percorso educativo e il ruolo
svolto dalla famiglia.
E poi chiediamoci: esiste veramente il
popolo tedesco? Nella mia scuola più della metà dei bambini hanno
un migrationshintergrund, ossia
una storia di migrazione (Medio Oriente, Russia, Est Europa,
Spagna, Italia, Africa, Asia). Eppure tutti i bambini parlano
tedesco, anche se alcuni in famiglia parlano la lingua d'origine dei
genitori. Ho l'impressione che la Germania tenda a diventare
gradualmente come gli USA...
Tuttavia azzardo alcune "riflessioni generalizzanti":
- già dalla scuola elementare si presta particolare attenzione all'insegnamento e all'interiorizzazione di regole di comportamento sociale (fila, comportamento corretto in strada);
- si promuove lo spirito critico e la capacità di esprimere opinioni e dubbi in pubblico e di rapportarsi senza timore con gli adulti e le istituzioni;
- si incoraggiano i bambini ad acquisire confidenza con il proprio corpo per mezzo di attività fisica più "audace" che in Italia;
- l'attività nella scuola e nel dopo-scuola è generalmente molto strutturata ed è più orientata allo sviluppo di competenze individuali che di gruppo;
- sia in mensa che nel tempo libero il cibo non assume un valore particolare: si presta attenzione al rispetto delle regole (sedersi e mangiare in maniera ordinata, riordinare al termine del pasto), tuttavia ci si alimenta in maniera poco coerente (poco rispetto per i tempi, assenza del concetto di primo, secondo, frutta). Sin da piccoli i bambini non acquisiscono il valore socializzante ed estetico del mangiare, ma solo quello nutritivo-energetico;
- la gestualità dei bambini tedeschi è molto limitata. La "cultura dei gesti" tedeschi non offre lo spettro così variegato di quella italiana. Quando accompagno le parole con il movimento delle mani, i bambini appaiono sconcertati e sembrano non capire cosa intendo.
Forse chi studia scienze sociali può
trovare in questo post alcune ispirazioni per un''indagine più
approfondita. Di sicuro non ho dimostrato nè l'esistenza di clamorose
differenze culturali, nè la natura di comportamenti ritenuti "tipici" tedeschi. Più che altro questo post va interpretato come un tentativo di comprensione, assolutamente parziale, dello sviluppo di particolari tratti che spesso vengono considerati essere parte integrante del DNA tedesco (precisione, rispetto delle regole, difficoltà ad improvvisare); la genesi di tali tratti, ammesso che realmente esistano, va invece ricercata nei luoghi dove si sviluppano i processi di socializzazione, primo fra tutti la scuola. Chissà, forse qua e là si possono trarre
idee per estrapolare qualche indicatore, sviluppare qualche concetto
o formulare qualche ipotesi. In questo caso, auguro a tutti i
ricercatori sociali un buon lavoro!