lunedì 9 aprile 2012

Analisi del comportamento dell'italiano alla guida: le strisce pedonali


Che sollievo, che tranquillità, che leggerezza! Sono da due settimane in Germania e non possedendo una macchina cammino molto e utilizzo i mezzi pubblici, cari ma comodi e puntuali.
Ciò che mi procura più piacere è però la possibilità di attraversare la strada senza il terrore di essere investito da automobilisti maleducati. Basta solo avvicinarsi al margine del marciapiede e la macchina, che poche decine di metri prima sfrecciava verso la sua destinazione, come d'incanto si ferma, permettendo al pedone di attraversare sulle strisce, come qualsiasi codice della strada prevede. A casa, in Italia, è invece sempre una sorpresa: arriverò vivo dall'altra parte della strada, attraversando sulle strisce pedonali? Se prendo io l'iniziativa e mi “lancio”, provocherò le ire dello Schumi di turno, che mi affibbierà i più fantasiosi appellativi relativi alle mie origini e alla mia famiglia? Una volta attraversata la strada, dovrò ringraziare il magnanimo automobilista con un cenno della testa, per la sua cortesia?
Osservando il comportamento degli italiani al volante si capiscono molte cose, soprattutto sul concetto di responsabilità, che nel nostro paese viene interpretato in una maniera tutta personale. Spiegherò meglio ciò che intendo dire con un esempio. Sono in Italia, mi avvicino al limite dal marciapiede, in prossimità delle strisce, e aspetto che qualche macchina si fermi per farmi attraversare la strada. Non accade mai, veramente mai, che questo si verifichi al primo tentativo. Occorre aspettare almeno la quinta macchina. A volte bisogna munirsi di pazienza e attraversare solo quando nessuna vettura occupa le carreggiate. Durante l'attesa, mentre le macchine mi passano davanti, cerco di incontrare lo sguardo del conducente. E qui si intuiscono alcuni aspetti interessanti. Anche se l'auto procede ad una bassa velocità e una lieve frenata permetterebbe l'attraversamento da parte del pedone, il conducente non si ferma, e risponde al mio sguardo con un'espressione tra l'imbarazzato e l'infastidito. Attenzione, verificatelo anche voi: molti, quasi tutti, durante questo passaggio, danno un'occhiata allo specchietto retrovisore, come per comunicare: “caro amico, sto controllando se dietro la mia ci sono altre macchine; se non ce ne sono, è inutile che mi fermi io, avrai tutta la strada libera dopo di me; se invece ci sono altre auto, beh, qualcuno si fermerà e ti farà passare. Buona fortuna!”. Ovviamente questa è una mia interpretazione, ma potete credermi quando vi dico che ho una discreta esperienza in materia, essendo un jogger, aspirante mezzo-maratoneta e grande camminatore, nonché autore di una tesi in psicologia sociale. Cosa si può concludere osservando questo atteggiamento? Si capisce cosa è la responsabilità per gli italiani, o meglio, cosa non è: “non è una cosa che mi riguarda”; “ci penserà qualcun'altro al posto mio”; “non spetta a me risolvere il problema”, e così via.
Applichiamo lo stesso concetto al pagamento delle tasse, al rispetto per l'ambiente e al riconoscimento del merito, e si capirà come il concetto di “responsabilità” soccomba continuamente allo sfrenato individualismo italiano. Una bella società ispirata ai sacri valori del Nostro Capitan Schettino (mi assumo tutta la responsabilità della crudezza di questo giudizio!)
In inglese la parola “responsability” si ricollega all'aggettivo “responsive”, che significa “che reagisce bene”, ma anche “affettuoso e sensibile”. Insomma, essere responsabile significa in primo luogo essere capace di  “rispondere”. A che cosa? Alle esigenze degli altri, ai loro bisogni e alle loro richieste. Anche a quelle apparentemente più insignificanti, come attraversare la strada senza dovere attendere 5 minuti prima che qualcuno si fermi prima delle strisce pedonali.
PS: altri due aspetti inerenti alla “fenomenologia” dell'automobilista italiano. Ho notato che i giorni in cui vesto elegante (non molti, in verità), con cappotto scuro, camicia e pantaloni, molte macchine si fermano e mi fanno prontamente passare. E una donna in minigonna ha più possibilità di una signora anziana o di una madre con un passeggino di attraversare senza lunga attesa. Il Belpaese ha rispetto per il Bello. Che esteti che siamo, anche al volante!

3 commenti:

  1. Vero!!
    La penso esattamente come te. Però a differenza di responsabilità mi piace parlare di rispetto reciproco: se c'è rispetto reciproco perché non rispettare le leggi? Perché non essere amichevoli? Perché voler per forza fare il furbo per i sentirsi forti o importanti una volta che il nemico (l'altro) soccombe? (triste ma vero)

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  2. Secondo me dobbiamo analizzare anche la soglia di sensibilità verso i bisogni e le esigenze degli altri. In Germania questa sensibilità è, a mio modo di vedere, molto più elevata che da noi.

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  3. Vero!
    Non sono qui da molto ma è come se ci fosse un'attenzione particolare al quieto vivere. La persona è comunque e sempre rispettata prima di tutto perchè 'P'ersona (di qualsiasi rango o ceto sociale). Resta quindi difficile il "non immedesimarsi" nell'altro e immaginare che i bisogni sostanziali del nostro compagno di metropolitana siano, tuttosommato, anche i nostri.

    p.s.
    Mi sono deciso a fare un account blogger :)

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